Con l’ordinanza n. 24317 del 03.11.2020 la Corte di Cassazione, richiamando i principi giurisprudenziali precedenti espressi, ha confermato l’illegittimità della cartella di pagamento notificata al chiamato all’eredità per un debito del de cuius, sul presupposto che solo con l’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, può assumersi la qualità di erede (a tal fine non è sufficiente la denuncia di successione che ha rilevanza solo dal punto meramente fiscale).
Inoltre l’art. 521 c.c. stabilisce che “Chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”, il che lascia ritenere che il chiamato rinunciante non risponde del debito tributario del de cuius, ancorché quest’ultimo sia portato da un avviso di accertamento notificato dopo l’apertura della successione e divenuto definitivo per mancata impugnazione.
Sul punto chiarificatrice è la sentenza della Corte di Cassazione n. 13639/2018 la quale ha stabilito che “per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente, cioè a far data dall’apertura della successione, l’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario; il che equivale ad affermare che condizione imprescindibile affinché possa sostenersi l’obbligazione del chiamato a rispondere di tali debiti è che questi abbia accettato l’eredità”, precisando poi che “la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione mediante aditio oppure per effetto di pro herede gestio oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 485 cod. civ.
La stessa pronuncia affronta poi il tema dell’onero probatorio affermando che “spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, l’onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2697 cod. civ., “l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede”.
Sempre riguardo al tema della prova la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10908/2019 ha ulteriormente precisato che “l’assunzione delle obbligazioni del de cuius richiede l’accettazione dell’eredità, essendo insufficiente la partecipazione alla denuncia di successione, sicché, seppure intervenuta tardivamente la rinuncia alla eredità ed omessa la rettifica della dichiarazione di successione, prevista dal D. Lgs n. 346 del 1990, art. 28, comma 6, l’assenza della pregressa accettazione esclude la legittimazione passiva per i debiti ereditari. Tuttavia la rinuncia tardiva, senza rettificazione della dichiarazione di successione, legittimando l’amministrazione finanziaria a notificare l’atto impositivo, impone al contribuente la costituzione in giudizio e l’onere di provare la sua estraneità ai debiti ereditari tributari, gravando sulla parte pubblica la prova della decadenza del diritto di esercizio di una valida rinuncia”.
In un tale quadro normativo è quindi onere dell’Amministrazione Finanziaria, attrice in senso sostanziale ex articolo 2697 cod. civ., provare l’insussistenza dei presupposti del diritto di rinuncia e l’eventuale decadenza del medesimo, ovvero provare l’avvenuta accettazione dell’eredità, e la conseguente inoperatività della rinuncia.
Sulla base dei principi giurisprudenziali espressi, il rinunciante all’eredità legittimamente può far valere, in sede di opposizione alla cartella di pagamento, la propria mancata assunzione di responsabilità per il debito suddetto.
Alfredo Salzano – 16.02.2021 – Avvocato tributarista in Salerno e Parma (Studio Legale Tributario Salzano)